Quando ricevo SMS con k al posto di ch e vari xchè mi viene da sorridere perché chi me li manda non è certo adolescente. Poi penso che, come italiana, queste sono probabilmente le uniche varianti grafiche con cui avrò mai a che fare in italiano.
Per l’italiano le riforme dell’ortografia sono un’evenienza improbabile, grazie all’alto grado di corrispondenza tra suoni e segni (alla maggior parte dei fonemi è associato un grafema o digramma specifico). In molti paesi, invece, è una necessità ed esistono enti nazionali di standardizzazione linguistica che decidono come e quando modificare l’ortografia per risolvere incongruenze o semplificare le regole (ad es. se ci sono modi diversi per rappresentare uno stesso fonema, se le modalità di sillabazione o di formazione di termini composti sono troppo complesse, ecc.).
Spesso gli enti di standardizzazione prevedono la coesistenza del vecchio e nuovo sistema per un certo periodo, rendono solo alcune regole obbligatorie mentre altre rimangono facoltative, a volte divulgano i dettagli solo all’ultimo momento, oppure, sotto pressione dell’opinione pubblica, hanno ripensamenti e nel giro di poco tempo pubblicano aggiornamenti o rinunciano ad alcune delle nuove regole.
I colleghi di altre lingue, ad es. tedesco, olandese e portoghese, mi dicono che le riforme dell’ortografia possono essere un vero incubo, specialmente per chi lavora nella localizzazione: richiedono un grande lavoro di pianificazione per decidere quando adottare le nuove regole e in quali prodotti, come modificare il materiale esistente, incluse le memorie di traduzione e le voci dei database terminologici, e soprattutto come programmare l’aggiornamento di eventuali strumenti di correzione (in inglese proofing tool: correttore ortografico, correttore grammaticale, thesaurus, sillabazione).
Noi italiani siamo fortunati: non dobbiamo preoccuparci e possiamo riderci sopra!
Per saperne di più:
♦ i post con tag spelling reform nel blog del team Office Natural Language (responsabile per gli strumenti di correzione Microsoft)
♦ il sito del Rat für deutsche Rechtschreibung sull’ortografia tedesca.
Marina:
Davvero interessante questo post. Una mia collega germanista mi aveva già parlato dei cambi ortografici ai quali il tedesco era stato sottoposto. Mi fa sorridere un pochino l’intervento dell’Accademia dell Crusca sull’ipotesi di introdurre l’accento sulle parole di grafia dubbia, dato che la maggior parte degli italiani, anche quelli che hanno a che fare spesso con la parola scritta, hanno grossi problemi con gli accenti delle parole che già lo necessitano! (“perchè” invece di “perché” solo per citare il solito banale esempio…)…
Licia:
@Marina: credo anch’io che per l’italiano non succederà mai niente, anche se temo che fra non molto diventi accettabile l’orribile *pò, l’errore di ortografia che in assoluto detesto di più.
Luigi Muzii:
L'”orribile pò” rivaleggia con l’altrettanto orribile “piè” che pure i correttori non correggono e con etc.
Licia:
@Luigi Muzii: il significato dei commenti mi sfugge: per il momento *pò è ancora un palese errore di ortografia (anche se con l’evoluzione della lingua prima o poi sarà accettato) mentre etc e piè sono forme corrette, contemplate da tutti i dizionari della lingua italiana (anzi, piè è l’unica forma registrata e non viene considerata l’eventuale alternativa pie’, a meno che non si risalga alla letteratura di qualche secolo fa).
Immagino invece che i riferimenti a etc e piè vadano intesi come un qualche tipo di critica al nome che ho scelto io per il mio blog (Terminologia etc.) e Marina, commento qui sopra, per il suo (A piè di pagina). Se davvero queste due innocue paroline infastidiscono così tanto, basta non passare da questi blog! 🙂
Luigi Muzii:
Finché esisteranno le regole, anche la grammatica non sarà un’opinione. Pie’ è la forma corretta, come ecc., mai, peraltro, preceduto dalla virgola.
Certo, il Treccani (anche cartaceo) riporta “piè”, ma come forma attestata, al pari di “pie'”, considerato più raro, e “piei”, non certo come “l’unica forma registrata”. È possibile anche si possa considerare “superato” il Battaglia, che fa le stesse considerazioni, ma non risale a “qualche secolo fa”. Perfino nel Gabrielli del 1989 per Signorelli “piè” è dato come forma letteraria ormai invalsa nell’uso comune.
Invito comunque alla lettura di “Come parlare e scrivere meglio” di Gabrielli (pag. 119), che è sì del secolo scorso, ma non più vecchio di 35 anni in cui si parla di trocamento e si portano proprio “po’” e “pie'” ad esempi.
Delle due, quindi, l’una: o è scorretto “piè” o è corretto “pò”.
Non solo le “paroline” a infastidire, e una visitina a questo e ad altri blog si fa comunque.
Licia:
@Luigi Muzii: mah, direi che possiamo chiudere qui questa discussione, non vedo proprio come possa essere errato usare la forma latina etc in un titolo che dà il nome a un blog, con o senza virgola.