L’articolo 30 words inspired by 29 people and an elephant elenca parole inglesi che derivano da nomi propri. In alcuni casi esiste un equivalente italiano, subito riconoscibile come eponimo dall’inglese e la relativa etimologia sono meno ovvi, ad es. linciare.
Mi ha sempre incuriosita gerrymandering (meno comune jerrymandering), la pratica di disegnare i collegi elettorali in modo che siano favorevoli a un certo candidato. È una parola macedonia nata dalla sintesi di Gerry (il nome del candidato) e salamander, dalla forma tortuosa che aveva assunto il collegio elettorale.
Altro dettaglio: in inglese parecchi riferimenti all’abbigliamento derivano da nomi propri di persona o luogo. Oltre a cardigan, leotard, wellingtons, raglan sleeve, citati nell’articolo, mi vengono in mente anche balaclava, bermuda, panama (hat), plimsoll, spencer, teddy, stetson e trilby (e sicuramente ce ne sono molti altri).
Invece il giaccone che in italiano si chiama montgomery, dal nome del generale, in inglese è duffel coat. Altro falso amico è smoking, in inglese tuxedo (dal Tuxedo Park country club), il che mi fa pensare a un errore che ho visto recentemente sul Corriere quando è stata riportata la notizia che era morto Socks, l’ex gatto dei Clinton. Un riferimento in inglese:
Socks was what feline-lovers call a tuxedo cat – mostly black with white down the front and belly and on his feet, suggesting a fashionable dandy in a black satin evening jacket with a snowy shirt peeping out. (Huffington Post)
Il giornalista Elmar Burchia in Morto Socks, il gatto dei Clinton non ha capito che in inglese americano tuxedo cat è l’espressione usata per descrivere i gatti bianchi e neri come Gatto Silvestro e ha pensato invece che si trattasse di una razza:
Luigi Muzii:
Ad essere pedanti, “tuxedo” dovrebbe essere americano. Il lemma britannico dovrebbe essere “dinner suit” (o “jacket”, per l’estate), anche se ormai la commistione è pressoché totale.
È curioso che, negli inviti formali, non solo da noi, si usi “black tie”.
“Smoking”, peraltro, dovrebbe far riferimento a quella che, in Italia, si chiama “giacca da camera”, ma che è molto meno elegante della “smoking jacket” inglese, essendo per lo più in panno di lana, color cammello, e con la cinta anziché in broccato, per lo più cremisi, e con alamari.
Licia:
@Luigi Muzii, da tempo tuxedo è usato anche in Europa, ad es. ai vari Christmas Party irlandesi (o feste black tie simili) i miei colleghi noleggiavano tuxedo, e nessuno di loro era americano 😉
Nel caso della svista del Corriere, comunque, penso che le eventuali differenze di materiali o fattura tra un modello e l’altro siano del tutto irrilevanti…
Luigi Muzii:
Oddio, ci si sposa pure in tuxedo, anche turchese, magari.
Una volta ho letto (e se qualcuno sapesse citare correttamente testo e autore gliene sarei grato) che la differenza tra la classe e la ricchezza sta nel tuxedo, che si possiede e non si noleggia.
E a proposito di Corriere, il riferimento alla smoking jacket era per Hugh Hefner che ne indossava una, appunto stonata, a Sanremo.
Enrico:
Elmar Burchia non si smentisce mai!
A proposito, bentornata.
Fran:
in Inghilterra “classe” e “Xmas party” sono praticamente incompatibili!!!
Licia:
@Luigi Muzii: grazie per la precisazione, però non mi pare in tema con l’argomento del post.
@Enrico: bentornato anche a te!
@Fran, direi anche in Irlanda… 😉
Taccuino di traduzione 2.0:
Dopo aver smesso di ridere per l’errore grossolano del Corriere.it (segnalato da Licia), secondo il quale un tuxedo cat è una nuova razza felina, mi sono fermata a pensare a quanti eponimi usiamo quotidianamente senza rendercene conto. […]